L'Impero d'Acciaio
Libro Primo
Il Fiume si divide
Prima pubblicazione Giugno 2016; seconda Settembre 2019; terza edizione rivista e ampliata Luglio 2022.
Questo primo libro ha la struttura di un diario.
I protagonisti, quattro persone normalissime del 2015, si trovano vittime di uno strano fenomeno che li porta dapprima per pochi secondi nel 1944. Infine, con i tre occupanti di un camion militare alleato, nella Roma di Tiberio.
Le vicende si svolgono nell'arco di due settimane, dense di eventi, in cui i quattro protagonisti, affiancati dai tre militari, incontreranno altri due protagonisti fondamentali: l'imperatore Tiberio, una figura storica che trovo affascinante, e suo figlio Druso.
Conosceranno altre figure storiche, che ho tentato di rendere coerenti con ciò che di loro è noto.
Soprattutto, vivranno nella Roma imperiale, in uno dei suoi periodi di massimo splendore, frequentandone i palazzi, i templi e le terme, portandoci con loro in questo viaggio fantastico.
La copertina è basata su un particolare del dipinto
“Girl in yellow drapery” (1901)
di John William Godward
(Nuovo formato 6” per 9”, pagine 384) - Sinossi
Una strana nuvola in cielo investe un’auto con quattro colleghi.
Un lampo e si trovano in un paesaggio diverso, con un camion militare alleato che sta per fermarsi accanto a loro.
Un altro lampo e il paesaggio cambia ancora.
I quattro nostri contemporanei e i tre soldati della seconda guerra mondiale scopriranno di essere arrivati nella Roma di Tiberio.
Per sopravvivere e affermarsi in quell’ambiente così estraneo dovranno tirar fuori grinta, determinazione e qualità che non immaginavano di avere.
Nasceranno nuove amicizie e nuovi amori, saranno amati, odiati, stimati e combattuti.
I protagonisti sono a volte divertenti e spesso trasgressivi, tuttavia rimangono persone comuni, nelle quali sarà facile riconoscersi.
L’accurata ricostruzione storica trascinerà il lettore nell’epoca in cui si svolge la Saga, percorsa da una vena erotica per brevi tratti esplicita.
Nella Saga ha grande rilievo il ruolo delle donne, che sanno imporsi, con la spada o l’intelletto, padrone del loro destino.
Il Titolo
Il titolo del primo libro nasce dal fatto che ho visto il tempo come un grande Fiume, che l'arrivo nel passato dei protagonisti ha diviso in due flussi distinti.
Vi sono due teorie accreditate tra gli studiosi e ampiamente trattate, in modo spesso brillante, nei romanzi dei migliori autori di fantascienza e persino in dibattiti tra fisici, per forza di cose puramente speculativi:
- la prima vede il tempo come un flusso unico, in cui un evento, anche apparentemente insignificante, modificato da un intruso nel passato, provoca sconvolgimenti spesso drammatici in epoche successive, comprese ripercussioni su colui che l'ha provocato.
- la seconda, che ho adottato per questo libro, vede il tempo come un grande Fiume, il cui fluire non viene modificato da nulla, ma dove un evento, per quanto insignificante, provocato dal solito intruso, genera un secondo universo, del tutto uguale al primo nel momento in cui l'intruso inizia a interagire con l'ambiente che lo circonda.
Di qui il titolo: il grande Fiume del tempo che prende due direzioni, parallele e diverse: in sostanza, l'elemento che fa di quello che potrebbe essere un romanzo storico un'avventura fantastica.
Il problema della lingua (dalla premessa all'ultima edizione del primo volume)
La storia si svolge nella Roma imperiale.
Ovviamente vi si parla latino, lingua che solo uno dei protagonisti conosce bene, visto che la insegna in un liceo. Gli altri tre italiani, pur avendo frequentato il liceo scientifico, non sono certo al suo livello, ma hanno delle buone basi, che riaffioreranno, altri ancora dovranno imparare da zero. Nessuno però lo sa parlare realmente bene, è una lingua morta da oltre mille anni.
È quindi ovvio che vi saranno difficoltà per tutti, ma chi parla, più o meno bene, una lingua straniera sa che, se vi è volontà di intendersi, i problemi si risolvono con giri di parole o in mille altri modi, per essere certi che all’interlocutore arrivi ciò che s’intende trasmettere. E la cosa, di norma, è reciproca: sarà anche il “madre lingua”, in questo caso il Romano, ad aver cura che il suo interlocutore abbia chiaro quanto gli vuol comunicare.
Se avessi indugiato su questo aspetto, avrei finito per scrivere una commedia degli equivoci, magari divertente, non certo un libro d’avventura, tra lo storico e il fantastico, qual è questo e ho quindi deciso di evitare nei dialoghi ogni allusione alle difficoltà con il latino, che rimane sottintesa.
Ancora sul linguaggio: è intuibile che i Romani non usassero nel parlare quotidiano quello fiorito che si legge nei classici, quindi li faccio parlare normalmente, badando soltanto che non usino espressioni anacronistiche.